La gente ti giudica dall’abito, ma anche tu giudichi te stessa scegliendo come vestirti.
La gente ti giudica dall’abito, ma anche tu giudichi te stessa scegliendo come vestirti.
Secondo gli studiosi gli abiti influenzano i nostri comportamenti e i comportamenti degli altri verso noi. E c’è in gioco più dell’apparenza.
L’autrice è una psicoterapeuta, ma il suo saggio, nonostante rigoroso e molto documentato è assolutamente alla portata di tutti. La si può definire una buona lettura estiva: impegnata, ma non troppo impegnativa.
Nell’ambito della sua professione, la dottoressa Vicenzi si è concentrata sull’abbigliamento come strumento di lavoro psicologico.
Il che, di per sé, non è niente di così strano: la fashion therapy può essere di grande aiuto alle donne che vedono il loro corpo cambiare a seguito di cure oncologiche.
La gente ti giudica dall’abito, ma anche tu giudichi te stessa scegliendo come vestirti.
I pazienti affetti da demenza sembrano trarre beneficio dal continuare a indossare abiti curati – e, del resto, chi di noi non sceglie con attenzione l’abito “giusto”, nel tentativo di controllare l’ansia causata da eventi stressanti?
Insomma si tratta di un libro ricco di spunti per chi è interessato di moda e soprattutto di modest fashion.
Il libro non parla di modestia nel vestire, ma offre spunti di riflessione che potrebbero essere davvero interessanti in un discorso dedicato al pudore.
Ad esempio?
NON C’E’ MOLTO DA FARE: L’ABBIGLIAMENTO INFLUENZA L’IDEA CHE GLI SCONOSCIUTI SI FANNO DI NOI!
La gente ti giudica dall’abito, ma anche tu giudichi te stessa scegliendo come vestirti.
Si può chiamare “pregiudizio”, se si vuole, ma possibilmente senza dare al termine una accezione negativa. È una cosa normale, succede ogni giorno,si vede per la prima volta, ognuno di noi formula, in meno di mezzo secondo, valutazioni anche molto complesse.
L’aspetto fisico, la postura, il tipo di abito indossato e il modo in cui l’abito si adatta al corpo, tutto ciò è quello che ci permettono di formulare un primo giudizio sulla persona, permettendoci ad esempio di immaginarne la personalità e il suo “ruolo” nel mondo (clochard? Manager in carriera? Neomamma stressata? Studentessa universitaria?).
Può piacere o non piacere, ma è un dato di fatto – assodato il quale, diventa chiara la necessità di prendere consapevolezza del messaggio che i nostri abiti mandano al resto del mondo.
Nel 1991, Behling e Williams hanno condotto un esperimento sociale tra gli studenti di una scuola.
I ragazzi, sia maschi che femmine, sono stati divisi in due gruppi: al primo gruppo è stato chiesto di indossare un paio di jeans corti e una maglietta; al secondo gruppo è stato chiesto un look un po’ più formale.
Un pregiudizio che si ritrova anche nel lavoro di Griffiths (2009): in questo caso, l’esperimento riguardava le musiciste, rivelando che le violiniste che si esibiscono indossando un abito elegante da concerto tendono ad essere ritenute più abili e più tecnicamente preparate rispetto a quelle che salgono sul palco indossando un abito da nightclub.
La gente ti giudica dall’abito, ma anche tu giudichi te stessa scegliendo come vestirti.
Non si tratta di un problema esclusivamente femminile! Bell (1991) e Howlett et al. (2013) hanno dimostrato che un uomo che indossa un completo formale tende ad essere ritenuto intelligente, sicuro di sé e capace di ottenere uno stipendio alto .
A proposito di maschi e femmine, pare sia noto agli studiosi un grosso problema di fondo.
Un abito sexy NON può in alcun modo giustificare la molestia, ma molti esperimenti mostrano un marcato stacco tra il messaggio che le donne credono di mandare con un certo look, come “io sono una donna moderna, al passo con i trend della moda”, e il messaggio che gli uomini effettivamente ricevono, “quella dev’essere una donna audace, alla ricerca di avventure”.
Quindi quando si scelgono i vestiti da indossare, bisogna stare ben attente, anzi, attenti: maschi inclusi, a non trasmettere messaggi che non vorremmo dare.
È SCIENTIFICAMENTE DIMOSTRATO CHE I NOSTRI ABITI INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO CHE GLI ALTRI HANNO VERSO DI NOI.
Non si tratta solo di pregiudizi che rimangono lì, a livello di pensiero, nella testa degli sconosciuti. La psicologia dimostra che, in molti casi, il pensiero si concretizza in opere (o omissioni) vere e proprie.
Ad esempio, nel 1977, Nash ha dimostrato che i runner vestiti in modo simile tendono a interagire tra di loro più di quanto non interagiscano con i runner che indossano abiti diversi.
altro esempio, Chaiken et al., nel 1974, hanno notato che, durante una raccolta i volontari tendono a ricevere un maggior numero di adesioni da parte dei passanti che vestono secondo il loro stesso stile.
La gente ti giudica dall’abito, ma anche tu giudichi te stessa scegliendo come vestirti.
Nel 2007, Johnson e colleghi hanno condotto una analisi sulla letteratura scientifica dedicata all’influenza che l’abbigliamento di un individuo esercita su coloro i quali lo circondano.
Passando in rassegna tutta la letteratura sul tema, Johnson ha notato che l’abbigliamento modifica in maniera significativa il comportamento altrui nell’85,3% dei casi, influenzando sentimenti come: onestà, istinto di aiuto, disponibilità all’ascolto.
Questi dati dovrebbero costituire un enorme campanello di allarme per tutti i giovani che stanno cercando una relazione.
Non bisogna farsi ingannare dalla frottola per cui bisogna essere seducenti per trovare un partner e che bisogna essere sessualmente provocanti per affascinare.
Un abito provocante non può e non deve giustificare mancanze di rispetto, perché è probabile che un abito provocante porti alcuni bravi ragazzi a giudicare negativamente la signorina che hanno di fronte.
Quindi se siamo alla ricerca di un partner, cerchiamo di vestirci in un modo che possa ben disporre quel tipo di persona che speriamo di attirare, altrimenti si finisce col passare messaggi sbagliati e attrarre persone diverse da quelle che si sta cercando.
INCREDIBILE MA VERO, I VESTITI CHE INDOSSIAMO INFLUENZANO ANCHE IL NOSTRO COMPORTAMENTO
I primi esperimenti di psicologia sociale che hanno messo in luce questo aspetto sono stati condotti nel 1969 dal professor Zimbardo.
Ai volontari che avevano accettato di sottoporsi all’esperimento era stato chiesto di somministrare scariche elettriche di intensità crescente a un povero malcapitato.
Il malcapitato era, in realtà, un attore complice dello sperimentatore, che a un certo punto avrebbe dovuto cominciare a lamentarsi per il dolore, imitando anche problemi cardiaci.
I soggetti incaricati di somministrare le scosse erano stati divisi in due gruppi.
I soggetti con la cappa da bad guy risultarono più propensi a infliggere scariche elettriche, persino quando il finto torturato iniziava a chiedere pietà e i soggetti con il camice da infermiere mostrarono un disagio maggiore nel compiere la stessa operazione.
Questo esperimento è alquanto inquietante, ma non è l’unico a giungere a conclusioni simili. Per esempio, Fredrickson et al. (1998) hanno scoperto che le donne che indossano un bikini tendono a mangiare di meno rispetto alle donne che indossano un copricostume ampio.
Altro esperimento curioso è stato condotto nel 2009 da Lohmus.
La maggior parte degli uomini fu in grado di accoppiare correttamente le tre fotografie.
In questo caso, la ragazza indossava un abito sexy nel primo scatto, un completo casual nel secondo, un abito dimesso nel terzo.
La gente ti giudica dall’abito, ma anche tu giudichi te stessa scegliendo come vestirti.
Ma non saranno una minigonna e un top in latex a trasformare in femme fatale una timida fanciulla, ma anche semplicemente un vestito romantico a fiorellini a ricordare a una giovane qual è il modello di donna cui vuole tendere.
La modest fashion non è solo una questione di centimetri di pelle scoperta e di tentazione sessuale, ma è molto di più. È anche e soprattutto una questione di rappresentazione. Cristianamente, potremmo dire: “di testimonianza”.
Un abito “modesto” e selezionato con cura ci mostra al mondo per ciò che siamo e ricorda a noi per primi ciò che aspiriamo ad essere.