“Mi chiamo Maria. Io sono una delle tante donne che la violenza l’ha subita e una delle poche che l’ha denunciata.”

Mi chiamo Maria

“Mi chiamo Maria. Io sono una delle tante donne che la violenza l’ha subita e una delle poche che l’ha denunciata.”

 

“Mi chiamo Maria. Io sono una delle tante donne che la violenza l’ha subita e una delle poche che l’ha denunciata.”

Questa è la lettera di ringraziamento scritta alla questura di Savona da Maria (nome di fantasia), una donna che ha subito violenza e che ha avuto il coraggio di denunciare. Si, coraggio. Perché denunciare non è facile, per paura, per vergogna, perché nessuno protegge le donne che denunciano gli atti di violenza, dato che quello si fa due anni e una volta uscito, ti viene a cercare per ucciderti.
Sono stati questi i pensieri di Maria per tanto tempo, mentre passano i giorni, uno peggio dell’altro, con la convinzione che nessuno possa salvarla e che nessuno le tenda la mano, che lei vorrebbe afferrare, mentre sta annegando in hn mare, dove nessuno sa che è caduta.

“Mi chiamo Maria. Io sono una delle tante donne che la violenza l’ha subita e una delle poche che l’ha denunciata.”

Maria ha raccontato il suo mare a luglio, mentre faceva caldo, ma lei tremava.
È la storia di violenze, dove, però, stavolta l’orco finisce in prigione. R.G., 40enne, è stato condannato dal Tribunale di Savona a 10 anni e 5 mesi di reclusione per le violenze commesse contro l’ex moglie e madre del loro bimbo di 5 anni. Nel giugno 2019, Maria si presenta al pronto soccorso dell’ospedale di Savona, dove lr medicano le lesioni e la dimettono con una prognosi di 10 giorni. Ma il medico, oltre alle lesioni, nota la paura della donna e allerta i poliziotti, che subito iniziano un’indagine per maltrattamenti familiari.
Sembra che l’ultimo litigio sia nato perché il loro bambino, messo in auto dal padre senza seggiolino nè cintura, abbiamo sbattuto la testa provocando un trauma facciale.

Il marito, non accettando i rimproveri della moglie, l’ha picchiata davanti al figlio, talmente forte da rendere necessario l’accesso in ospedale.

Dai racconti di Maria e anche dalla testimonianza di tante persone che hanno sentito e visto, si capisce che tale situazione va avanti da anni, dalla convivenza e anche dopo la separazione giudiziale. L’uomo, che sembrava un tipo tranquillo, ha iniziato ad abusare di cocaina. Col passare del tempo, è passato dal totale disinteresse per lacompagna alle violenze durante la gravidanza di questa.
Ma l’incubo di questa donna è finito. Nella lettera Maria ci tiene a ringraziare chi le è stato vicino, in particolare tutti i poliziotti e la psicologa che l’hanno aiutata a respirare dopo l’apnea.

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